lunedì 19 dicembre 2016

VARIE & C.

L'occasione è stata una cena prenatalizia per rivedere gli amici bresciani (o franciacortini ?) di Corte Fusia ma, soprattutto e finalmente, per brindare a Jacopo, il figlio di Daniele ed Elisa. 
Convivialità e battute hanno reso come sempre la serata divertente ed il tocco gastronomico, dato da Chiara (la mia ragazza) ai fornelli, ha reso il tutto speciale.
Le bottiglie stappate sono state diverse, di seguito propongo le più interessanti. Questa volta non ha"vinto", come spesso accade quando si porta un ottimo champagne, la Francia (il Biodinamico Marguet, Blanc de Noir Premier Cru). Il suo essere accattivante e ricco nei profumi non è bastato a bilanciare la davvero poca persistenza. Non ne abbiamo fatto chissà quale dramma, infatti senza tecnicismi particolari e nessuna polemica, abbiamo svuotato la bottiglia in un attimo.

Buonissimo invece il Greco di Tufo di Masseria Murata (alias Gianluca Argenziano), dai profumi agrumati intensi ma allo stesso tempo molto eleganti e diretti a belle sfumature minerali. In bocca è di ottima freschezza anche se forse l'annata, lo ha leggermente penalizzato in acidità.

Per quanto riguarda la Berbera, è stata una piacevolissima scoperta.
Santa Lucia 2013 è prodotta da Cesare Bussolo, il cantiniere di Roberto Voerzio. Vinificata a quanto mi hanno detto da una vigna di proprietà di quest'ultimo, è un vino di rara eleganza e compostezza. Potente e raffinato allo stesso tempo.
Equilibrato nonostante l'acidità ben presente e tipica del vitigno ancora in gioventù. Prima annata prodotta. Davvero un gioiellino.

Chiudiamo con il dolce, Moscato d'Asti Runchét. Attenzione perché questo è un 2012. Attendere questa tipologia, quando ben prodotta rende, in alcuni casi come questo, ancora più piacevole la bevuta.
Un vino completamente integro, dai profumi ben evoluti e gustosissimo.






Un applauso a tutti, evviva Jacopo.

Salute!

giovedì 3 novembre 2016

"QUI A MILANO", IRPINIA E FIANO!

Qui in provincia di Milano (anzi dovrei dire Monza e Brianza per la verità) si trovano poche etichette di Fiano di Avellino e di vini irpini, generalmente di annate molto giovani e/o di vini molto conosciuti. Mi sono sempre chiesto, pensando alla longevità del vitigno, quanto si dovesse aspettare realmente per berlo e quanto realmente le varie zone influissero sulle caratteristiche finali del vino.
Dopo esserci stato, proprio durante questo week-end di fine ottobre, mi sono fatto una mia personale idea, ancora non del tutto chira e definita, ma una mia idea.

"Qui a Milano" il Fiano è raccontato in maniera marginale e distorta, come fosse un entità strana, indefinita, da attendere all'infinito per poterne apprezzare l'essenza, quasi senza mai poterne godere davvero se non nell'annata eccezionale di un produttore miracolato.
"Qui a Milano" il Fiano sembra vivere di infinita riconoscenza alla sua terra d'elezione, la bella Irpinia, comprendendone solo in parte però le molteplici caratteristiche e pensandola come una "zona da vino" in stile Borgogna, basata solo su quello e parcellizzata in maniera maniacale in sottozone perfettamente deliniate alle quali rimandare l'unico compito dell' espressione nella bottiglia.
"Qui a Milano" si stappa o troppo presto o troppo tardi e si vive questo vino con un importanza "da natale" e unicamente per palati sopraffini.

Quello che so personalmente, è quello che ho visto con i miei occhi ed è molto distante da queste scherzose visioni. Ho visto un terra poco sfruttata dalla produzione massale. Ho visto vigneti che rispettano una tradizione che si respira nell'aria a pieni polmoni. Ho vissuto momenti bellissimi ed importanti che terrò bene a mente. Ho visto la passione dei piccoli che come sempre mi affascina più di ogni altra cosa. Ho visto e sentito diverse espressioni di questa Irpinia, tutte però veritiere e tutte nobili. Ho visto che attendere non sempre serve se conosci cosa bere. Ho visto che, come sempre, non si può bere solo annate eccelse e perfette e che proprio nella difficoltà, nascono le grandi interpretazioni. Ho visto come sempre, che di vino se ne parla tanto e se ne beve e vende (o compra) troppo poco.

Ore 14.30 del 28 novembre 2016:


VENTITRE' FILARI
Montefredane

Una nuova e piccola realtà. Tremila bottiglie l'anno da un singolo vigneto, con piante di età media di 25 anni su terreno argilloso con esposizione Sud/Est. Una vigna di Fiano coltivata per anni dal nonno di Rossella, dal quale si è sempre fatto vino per se e per gli amici.
La sensazione entrandoci è quella di stare tra cielo e terra. Alle spalle il centro storico del piccolo borgo e all'orizzonte le montagne a far da cornice. Silenzio, tradizioni e rispetto per questi 23 filari posti a 450 metri circa. Piante di impressionante diametro e terreno potente.

Il vino che nasce da qui si chiama Numero Primo. La prima annata è la stata la 2014, ad oggi in vendita. Un vino che attende il giusto momento per entrare in commercio, senza fretta. Per la 2015 infatti, bisognerà attendere la prossima primavera.
Un Fiano fermentato con lievi autoctoni dal colore brillante ed abbastanza intenso, dai profumi agrumati molto accattivanti, complesso e ricco di sfumature. La bocca è potente ma allo stesso tempo fresca e dinamica. Un vino dalle forte vena minerale che una volta stappato dura poco perchè buonissimo.
Oltre alla fantastica ospitalità ricevuta che vale da sola il viaggio, ho avuto modo di bere anche l'annata sucessiva che ad oggi è ancora in fase embrionale ma già denota una grandissima freschezza, maggiore forse della precedente, ed un potenziale altrattanto interessante. Un vino che probabilmente andrà ancora più atteso, figlio di un'annata di certo meno difficoltosa.
Un progetto giovane, ambizioso ed unico, che vedrà il sorgere di una futura cantina e il recupero di alcune vigne storiche sempre nel comune di Montefredane per vinificare dei veri e propri CRU.


...e durante il pomeriggio:

ANTICO CASTELLO
Mango sul Calore


Giro veloce in questa realtà anch'essa gestita da giovani fratelli, dal potenziale produttivo di 40.000 bottiglie anno circa. Bella ed attrezzata cantina dove le moderne vasche di acciaio si alternano alla barricaia dove sono presenti per lo più grosse botti di castagno per l' affinamento dell' uva Aglianico, quella che più mi è piaciuta.

Ore 10.30 del 29 novembre 2016:


MASSERIA MURATA
Mercogliano

Coda di Volpe centenaria
Ci troviamo ai piedi della collina sul quale sorge il Santuario di Montevergine e di fronte all' Abbazia di Loreto.
Ad accoglierci è Gianluca Argenziano che ci regala subito interessanti cenni storici del luogo ed una bella storia sulla viticoltura irpina.
Gli ettari vitati sono circa otto, alcuni adiacenti alla cantina ed altri in località specifiche a seconda del vino che si vuole proporre.
Dopo un giro nella vigna di Coda di Volpe, nel quale sono presenti piante centenarie, andiamo in cantina per cominciare quello che sarà un vero e proprio tour di assaggi.
Anche qui il vino si prende il suo tempo prima di essere commercializzato ed ogni annata ha interpretazioni diverse a secondo del risultato.

Molto interessante il Fiano 2011 ancora in affinamento in acciaio che verrà imbottigliato a fine anno. Fine, agrumato e sapido.
Molto più irruento e acido il Greco di Tufo (se non ricordo male annata 2013) della vasca a fianco.

Spostandoci in barricaia ci si immerge in un luogo anecstrale e dal fascino prezioso.
Fermentazioni dirette in legno per due tonneaux di Fiano di Avellino 2011, stessa annata, stessa lavorazione ma espressione molto diverse tra loro perchè, come ci spiega Gianluca, ogni contenitore ha la sua storia, ed ogni vino all' interno un' interpretazione differente. Devo dire con stupore che in nessuna delle due, il legno (esclusivamente usato) ha intaccato il vino con troppe nuance anzi, la qualità delle uve ed il costante controllo ha permesso uno scambio a favore dell'ottima evoluzione del liquido.

Passando ai rossi l'assaggio ha riguardato svariate annate di Aglianico atto a divenire Taurasi oppure Campi Taurasini, ma questo si deciderà poi. Dal 2010 in castagno da 25 Hl siamo passati a vari tonneaux tra cui uno contenente l'annata 2007 ancora in divenire.
Tutti vini molto importanti, ricchi di struttura e di tannino, che avranno bisogno di anni per esprimersi al meglio, proprio come vuole la filosofia della cantina.

Ultimo vino assaggiato, sorpresa finale come ad essere un gentile regalo, è stato il Coda di Volpe annata 2008. Freschissimo, integro, diretto e complesso. Un bottiglia davvero incredibile!


Ore 16.00 circa del 29 novembre 2016:


TORRICINO
Tufo

Siamo nella patria del Greco di Tufo chiaramente, ma per questa cantina dal 2014, non solo.
Infatti in quest'annata, da una vigna in gestione nel poco distante cumune di Pratola Serra e su terreno argilloso, è stata fatta una riserva di Fiano di Avellino, il Serrapiano.
E' un vino molto profondo che si lascia scoprire pian piano. Il bocca è molto fresco e di grande acidità. Non di facile interpretazione se bevuto troppo giovane probabilmente. Da attendere nel bicchiere per assaporarne a pieno le bellissime sfumature.

Un'altra riserva di casa è il Greco di Tufo Raone, da una vigna posta sopra le storiche miniere del paese, con terreno calcareo-argilloso ricchi di zolfo.
Da qui ne deriva un vino che andrà atteso per esprimersi al meglio, molto elegante e raffinato nei profumi di pesca e dalla vena minerale.

Anche gli altri vini sono decisamente buoni, solo più freschi e diretti.


Un esperienza unica vissuta in primis anche grazie a Lello Tornatore della Tenuta Monte Laura, grandissimo conoscitore e scopritore di piccole realtà del territorio che mi ha aiutato nel mio percorso e dal quale ho trascorso un pranzo a base di prodotti locali strepitosi e difficilmente reperibili. Tra l'altro produce anche un ottimi vini: un Fiano di Avellino in versione ferma, ricco di struttura e con una bella acidità che ne stimola la beva, una versione spumante imbottigliata con i propri lieviti dai profumi officinali e decisamente citrina, ed un Aglianico non molto alcolico e ben equilibrato.

Fiano di Avellino 2013
Ottime disponibilità, nuove e belle conoscenze, strepitosi vini..che dire di più?

mercoledì 7 settembre 2016

FRANZONI, Storia di un Botticino

Caldissima giornata di agosto quella della visita alla cantina di Claudio Franzoni.
Mi ci porta l' amico Gigi dopo pranzo che già lo conosce ed ha già avuto modo di apprezzarne i vini.

Dal cortile della cantina prendiamo subito la macchina per andare a visitare il territorio e Claudio appena uscita dalla proprietà ci mostra la strada statale che delimita il confine che delimita la Doc (i vigneti di collina) dall' Igt.

Salendo per le colline vediamo un paesaggio incontaminato, dove i vigneti la fanno da padrone.
Passando per le strade tutte questo è più nascosto, quasi impercepibile.
Il primo step è un vigneto a circa 350/400 metri di altezza esposto a Sud.
Tutti i terreni qui sono di importante matrice calcarea e condotti con rigoroso criterio agronomico.


Salendo ancora, si arriva ad un piccolo borgo di pochissime case dov'è posto il vigneto più alto di Franzoni. Siamo intorno ai 700 metri, contornati da cave di marmo e natura.


Rientrati in cantina seguiamo le fasi che, in vendemmia, segue il vino in cantina.
Pigiatura e diraspatura, poi acciaio, poi vasche di cemento ed affinamento in botti di rovere di diversa capacità (minimo 20 hl).
Anche qui si percepisce una certa quieta, una calma silenziosa che accompagna questo vino per tutto il suo lunghissimo affinamento in cantina.
Dopo circa 3 anni esce il primo vino arrivando agli 8 anni per l' ultima Riserva.
Un vino al quale serve tempo per evidenziare le proprie caratteristiche, che da il meglio solo dopo anni e chi sa aspettare, può percepirne il valore.

L'amico Gigi ed una vecchia botte in disuso
Vasche di cemento
Botte in rovere da 20 hl
L'uvaggio utilizzato, sempre misto anche in vigna, è Barbera, Marzemino, Sangiovese e Schiava
Gentile.
Le proporzioni variano a seconda dell' importanza del vino a divenire. La quota di Barbera di alza quanto più il vino deve essere destinato ad invecchiamenti lunghi e la Schiava diventa minima per lo stesso motivo.
Tutti i vini di Claudio hanno un importante caratteristica, poi ripresa anche da alcuni altri produttori della zona e cioè, vengono fatti con una parte o totalmente con uve appassite in cassette.
Si parte dal Ronco del Gallo che ha una percentuale del 10%, poi il Tenuta Bettina con il 30%, a seguire una Riserva La Foja con il 50% ed il Foja D'Or con il 100%.

Vini deliziosamente beverini e di gran carattere.
Il Ronco del Gallo nonostante sia il più semplice è molto minerale, deciso ed invitante con sfumature speziate e note di frutta matura molto eleganti.
Il Tenuta Bettina è più austero e serio e di grande carattere.
La Foja è un vino che stupisce perchè spiazza. Inusuale e ricercato, dal profilo aromatico complesso e dal gusto pieno. L' annata 2011 sembra non essere tra le migliori ma non per questo deve essere sminuito, in quanto comunque un buon prodotto.
Il Foja D'Or è un campione di stile e carattere. Un vino molto importante e destinato al lungo invecchiamento. Un prodotto unico!

Validissima la selezione proposta da Franzoni e veramente bella la visita su questi terreni calcarei che donano queste note minerali e fresche anche a vini cosi' strutturati.



domenica 14 agosto 2016

SALUTE ALLE FERIE CHE NON FACCIO


Gran bevuta quella di ieri sera.
L'occasione era quella di salutare l'amico Cristian "del Vinodromo" (gran bell'enoteca milanese di cui si è parlato anche qui), dopo di che lui è andato in ferie mentre io sono ancora ancorato alla mia città brianzola.

Si parte con il Riesling Renano del Cru Batterieberg, annata 2014. E' un "Kabinett", quindi un vino con un leggero residuo zuccherino, 12 mg/lt in questo caso specifico. Una tipologia che adoro!
Nel bicchiere è dorato e limpidissimo. Molto molto minerale, dalle sfumature di idrocarburi, agrumi ed erbe aromatiche. Un sorso che ti porta a finire la bottiglia in un attimo, anche grazie ai soli 10 gradi alcolici.
Le vigne hanno 60 anni ed il terreno rocciosissimo è ricco di quarzite. La vinificazione avviene in acciaio ed una piccola parte in legno usato di 10/12 anni. Gran prodotto, visto anche il prezzo di 16,50 euro in enoteca.

Il Fiano di Cantina Barone è la sua riserva. Annata 2013. Cristian che l'ha bevuto più volte, mi dice essere una bottiglia felicemente in forma. Ed io sorrido, bene!
Naso tipico con un accenno di acetica che ne caratterizza lo stile senza mai rovinare la bevuta o eccedere in sensazioni negative. Non un Fiano potente per eccellenza ma 12,5 % di puro divertimento. Imperfetto ma con stile!

Il Savennierès è uno Chenin Blanc di una bella microzona.
Un vitigno che non teme l'invecchiamento grazie alla sua bella struttura e decisa acidità.
Una bottiglia davvero bella. Non un vino stupefacente ne di impatto ma che si svela pian piano fino a farsi piacere completamente per elegante bontà.

Un tris delle meraviglie direi!

venerdì 12 agosto 2016

SAMPAGNINO ROSA - BULLI


Sono arrivato a Leo Bulli tramite il blog dell' amico Gabriele (che ormai cito talmente tanto da essere praticamente co-autore del mio blog..) che già anni fa parlava qui della prima versione di questo vino, ovvero quella bianca.

Fatto con il metodo del Salasso, aggiungendo uva rossa nel blend, Ancellotta in questo caso.
Nasce cosi' un vino dalla spiccata acidità, che nelle calde giornate di agosto si beve senza se e senza ma. Dalla sua ha anche una bella eleganza ed il sorso è convincente e caratteristico.
Questa bottiglia arriva dall' annata 2014 che viene raccontata dal produttore come molto piovosa ma al tempo stesso ricca di acidità.

Una sicuro conferma per piacevoli momenti di semplicità.

lunedì 1 agosto 2016

RICCIO BIANCO 2012 - ALEPA


Innegabilmente mi ha entusiasmato. Annata 2012, 14%. Affinamento fatto solo in acciaio per 11 mesi.
Un prodotto autoctono potente, espressivo in tutte le sue forme, elegante e non banale.

Un vino che nasce da una regione (la Campania) interessantissima che, tramite i suoi territori più vocati, è capace di raggiungere picchi qualitativi unici.

L'insieme di calore, frutta, sapidità ed equilibrio di un vino lasciato a lungo in cantina in modo da raggiungere la giusta espressione in commercio.

Complimenti ad Alepa!

sabato 2 aprile 2016

RACANTU', il Pigato Biodinamico di SELVADOLCE


TENUTA SELVADOLCE si estende per circa 7 ettari sulle Alture di Bordighera nella liguria occidentale, quasi al confine con la Francia.

Nel 2004 la svolta. Dopo che la famiglia ha gestito per anni i terreni dedicandoli alla floricoltura; Aris frequenta un corso/seminario sulla Biodinamica tenuto da Nicolas Jolye e subito si innamora di questa filosofia. Cosi' torna a casa con un idea bene precisa in testa: fare vino e farlo in un certo modo!

Si organizza subito e, dopo aver preso in gestione il vecchio vigneto già esistente, impianta nuove vigne e comincia la produzione, dettato solo dalla passione e delle proprie capacità.
Un inizio difficoltoso che porta anche a parecchi errori ma convinzione e tenacia non mancano.
Cosi', con l'aiuto e la condivisione di amici produttori che la pensano come lui, prosegue nella sua produzione.

Raccolta manuale, fermentazione spontanea ed affinamenti sulle fecce fini sono la base del suo Pigato RACANTU'.

L'annata 2011 (l'ultima in commercio nel 2016) è da subito entusiasmante.
Decisi idrocarburi dichiarano un idea un pò diversa di questo vino o quanto meno di quella che siamo abituati a bere e soprattutto, di quelli che ci propongono quando andiamo a prendere un pò di sole e respirare aria buona nel versante ligure.
Agrume maturo, di ottima beva, fresco e di gran bella e decisa acidità. Forse ancora poco equilibrato. Da bere a litri. Davvero buono!

L' annata 2009 si apre invece su note più dolci, il legno è più deciso, la vaniglia si fa sentire anche se non è predominante ne stucchevole. La frutta diventa quasi sciroppata e la spezia evidente.
Note da Bourbon si svegliano qua e là. In questo caso l'equilibrio tra naso e bocca è invece molto buono.
A mio parere il meno interessante dei tre in degustazione. Probabilmente solo in un momento poco felice.

La 2008 si fa notare subito per caratteristiche ancora diverse.
Nato per caso come vendemmia tardiva, venne messo in commercio l' anno successivo per poi essere ritirato poco dopo. Non era ancora pronto, bisognava aspettare, queste le impressioni.
A distanza di anni ce lo ritroviamo ambrato nel bicchiere, molto invitante, con note di frutta disidratata, erbe aromatiche, macchia mediterranea, dalla bocca calda e avvolgente pur mantenendo freschezza ed acidità. Gustosissimo. Decisamente un vino non adatto a tutti i palati.

Nel complesso una degustazione molto interessante che ha dato modo ad appassionati e non; di conoscere un altra realtà di nicchia della nostra bellissima italia enologica che, nel bene e nel male, sa creare delle eccellenze assolute ma che causa la mentalità del bel paese e l'inesperienza di alcuni ristoratori fa si che questi vini vadano esportati per la quasi totalità all'estero dove invece ricevono i giusti riconoscimenti.

Aggiungo che il profilo sensoriale di questi vini è in continuo cambiamento quindi non stupitevi se bevendoli, troverete diverse impressioni.

Complimenti agli amici del VINODROMO per la serata e per la continua ricerca che propongono.

Salute!





(foto di Chiara Polidoro)